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Draghi: nuovo leader nella politica globale.

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Draghi: nuovo leader nella politica globale.

Abbiamo già evidenziato come stiamo assistendo ad un profondo cambiamento dello scenario geo politico globale.
La crescente contrapposizione tra Stati Uniti e Cina, che trova nella tecnologia il campo di contesa e la chiave per la supremazia economica globale, è solo l’elemento più macroscopico di questo cambiamento.

Al di là delle traiettorie di crescita economica, la politica continua ancora ad avere la sua influenza. Nella polarizzazione tra due blocchi diventa più che mai strategica l’influenza su aree geografiche culturalmente e ideologicamente affini. E’ in questa chiave che va letto il tentativo, nemmeno troppo velato, del nuovo presidente Biden di pescare tra i paesi europei, con il fine di ricompattare un fronte occidentale e quello di Xi Jimping di espandere la sua area di influenza in Asia centrale e Africa, ma anche nell’Europa orientale.
Il tutto con la Russia di Putin che non sembra disposta ad accettare il ruolo da comprimario dimostrandosi determinata a mantenere la sua sfera di influenza in medio oriente ed espandere quella in Africa.

L’Europa sembra assistere inerme alla definizione di nuovi scenari globali, schiacciata nell’antagonismo tra Cina e Stati Uniti, quasi rassegnata a diventare terreno di conquista di questa competizione, come fosse il terzo continente a scelta di un obiettivo di Risiko.
Il tutto senza una politica estera ben percepibile, con i singoli paesi pronti a schierarsi a seconda delle leadership interne, come nel caso dell’Italia che, nel giro di pochi mesi, è passata dalla politica filo cinese del governo Conte, a una nemmeno troppo velata strizzata d’occhio del Presidente Draghi a Joe Biden.

E’ proprio in questa chiave che vanno viste le dichiarazione del Presidente del Consiglio italiano nei confronti del Presidente turco Erdogan. Troppo esperto ed intelligente per uno scivolone, troppo misurato nelle parole per averne usata una di troppo e lo stesso dicasi per le dichiarazioni di Joe Biden su Putin.
Parole non casuali, destinate a definire il perimetro dei propri ambiti di influenza, un segnale agli altri paesi nel tentativo di condizionarne le alleanze.

Nell’inerzia europea, il Presidente Draghi sembra aver deciso di farsi artefice di un nuovo protagonismo, non limitandosi a subire traiettorie che sembravano già scritte.
Nonostante le pressioni della minoranza turcofona Uigura nello Xinjiang, le relazioni tra Ankara e Pechino sono più che mai buone e al di là delle schermaglie di facciata, l’arsenale militare di Erdogan è prevalentemente di tecnologia russa.
L’influenza su Europa orientale e Medio Oriente, l’ambizione nemmeno troppo velata di Erdogan di porsi come leader politico del mondo islamico, sono molti gli aspetti che rendono la posta in gioco particolarmente alta e molti i pretendenti alla vittoria.
Per questo, parafrasando il vecchio detto “parlare a nuora perché suocera intenda”, le parole di Draghi sembrano avere più di un destinatario, non ultimo il Presidente russo.

E se una volta l’ingresso della Turchia veniva vista come un tentativo di estendere l’influenza politica dell’Unione in un area da secoli strategica per il commercio mondiale, i nuovi equilibri geopolitici impongono all’Europa una nuova strategia, per evitare di trovarsi isolata geograficamente, per quanto forte di una rinnovata alleanza con gli Stati Uniti d’America.
La leadership politica gioca un ruolo importante in questa partita. Ad eccezione della presidente Merkel, comunque troppo preoccupata a fare gli interessi del proprio paese rispetto a quelli dell’Unione, sono mancati fino ad oggi leader europei forti, capaci di rendersi protagonisti di una rinnovata politica estera dell’Europa.

Il Presidente Draghi, sembra volersi fare interprete di questo ruolo, ribadendo la necessità di un maggiore influenza dell’Unione, ma anche degli Stati Uniti, in un area da sempre strategica.
Al contempo, con la visita in Libia, ha rimarcato il ruolo strategico che l’Italia può e deve avere nel garantire gli equilibri nell’area del mediterraneo, non limitandosi ad assistere alla spartizione del continente africano tra Cina e Russia.

Insomma, quella che qualche sprovveduto ha valutato come una gaffe è stata uno degli atti più potenti di politica estera dell’Italia ma anche dell’Unione degli ultimi anni e chissà se l’uomo che ha salvato l’Euro possa diventare anche quello che salverà l’Unione.

Michele Fioroni

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