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Si fa presto a dire brexit

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Si fa presto a dire brexit

Lo straordinario successo del piano vaccinale inglese, grazie al quale il 37% della popolazione (Fonte Lab.gedi digital) è stata già oggetto di una somministrazione vaccinale, rispetto al 10,77% (Fonte Our World indata) di quella dell’Unione Europea), potrebbe condurre alla facile conclusione che, ancora una volta nella storia, lo “splendido isolamento” della terra d’Albione si stia rivelando vincente.

Insomma, rispetto alle Cassandre della Brexit, e dopo le prime facili ironie della prima ondata della pandemia in cui lo stesso primo ministro Johnson rischiò di finire in terapia intensiva, la scelta dell’Inghilterra di “correre” da sola, potrebbe sembrare risultata vincente.

Facile la narrazione per i detrattori dell’Unione Europea. Numeri alla mano, il Regno Unito sembra aver dato una straordinaria prova di risposta.

Una risposta sistemica, con un progetto di ricerca nato nei laboratori della celebre università di Oxford e contrattualizzato con la multinazionale Astrazeneca in dosi sufficienti per coprire tutta la popolazione e autorizzato con largo anticipo rispetto all’agenzia europea del farmaco.

Insomma un progetto apparentemente autoctono e vincente.

Una narrazione credibile, vincente, almeno in apparenza se non fosse per l’obiezione che il vaccino inglese sia stato realizzato con il contributo tutto italiano della Irbm di Pomezia. Dettagli? Direi di no.

Ma non slot. Non è tutto oro quello che luccica, quello della corona inglese.

I dati economici ci raccontano di un Regno Unito duramente colpito dalla pandemia, sull’orlo di una recensione profonda con le finanze pubbliche fuori controllo. Qualcuno potrebbe di nuovo obiettare che gli effetti dell’impatto del lungo e ritardato lockdown attuato durante la prima ondata, possano essere in parte compensati da un più veloce raggiungimento dell’immunità di gregge, grazie alla brillante campagna vaccinale.

Ma, al di là di qualche evidente errore di pianificazione sulla campagna vaccinale e su una certa lentezza nei processi autorizzativi dell’Ema, l’Europa sembra offrire migliori condizioni di garanzia per la ripresa.

Tutto questo purché l’Europa riveda in maniera radicale, il ruolo dell’intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo, superando la tradizionale visione distorsiva del mercato. Almeno come ha fatto in questi mesi.

Insomma, la narrazione anti Brexit, avrà bisogno di un grande sostegno pubblico a sostegno soprattutto di settori le cui traiettoria di crescita sono oggi più che mai strategiche. Una politica capace di accompagnare la progettualità nel Next Generation Europe.

Per contrastare la narrazione della “splendida” Brexit, sarà necessario evitare passi indietro rispetto alle politiche del passato, accompagnando i progetti di ricostruzione con un atteggiamento che abbandoni il rigorismo ed evitando gli errori del passato.

Anche il Regno Unito si troverà a fronteggiare un debito pubblico senza precedenti, senza tuttavia poter usufruire della strumentazione di sostegno messi in campo dall’Unione Europea.

E se già la contrazione del Regno Unito alla fine del 2020 era stata la peggiore tra i paesi del G7, le previsioni per il 2021 non sembrano essere migliori, con un calo di Export solo verso l’UE del 41%

Insomma, per quanto la Banca d’Inghilterra sostenga che la campagna di vaccinazione a tappeto contribuisca ad anticipare la ripresa, le ferite lasciate dalla pandemia e un debito pubblico fuori controllo, lasciano ipotizzare per l’Inghilterra una ripresa più lenta e faticosa di quella dell’Unione Europea.

La Brexit, non è stato e non sarà per l’Inghilterra un vaccino alla crisi e la brillante campagna vaccinale, non deve far confondere Johnson con un vaccino per l’economia. Johnson, non Johnson&Johnson.

Michele Fioroni

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